Santa Elisabetta d’Ungheria: il ricordo della Chiesa.
Figlia di Andrea, re d’Ungheria e di Gertrude, nobildonna di Merano, Santa Elisabetta ebbe una vita breve. Nata nel 1207, fu promessa in moglie a Ludovico figlio ed erede del sovrano di Turingia. Sposa a quattordici anni, madre a quindici, restò vedova a 20. Il marito, Ludovico IV morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Elisabetta aveva tre figli. Dopo il primogenito Ermanno vennero al mondo due bambine: Sofia e Gertrude, quest’ultima data alla luce già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eisenach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà.
Iscrittasi al terz’ordine francescano, offrì tutta se stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno, facendosi mendicante e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235. Dopo la sua morte, il confessore rivelerà che, ancora vivente il marito, lei si dedicava ai malati, anche a quelli ripugnanti:” Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre, senza mettersi tuttavia in contrasto con suo marito“. Collocava la sua dedizione in una cornice di normalità, che includeva anche piccoli gesti “esteriori”, ispirati non a semplice benevolenza, ma a rispetto vero per gli “inferiori”: come il farsi dare del tu dalle donne di servizio. Ed era poi attenta a non eccedere con le penitenze personali, che potessero indebolirla e renderla meno pronta all’aiuto. Vive da povera e da povera si ammala, rinunciando pure al ritorno in Ungheria, come vorrebbero i suoi genitori, re e regina. Subito “gridata santa” da molte voci, inducono papa Gregorio IX a ordinare l’inchiesta sui prodigi che le si attribuiscono. Un lavoro reso difficile da complicazioni anche tragiche: muore assassinato il confessore di lei; l’arcivescovo di Magonza cerca di sabotare le indagini. Ma Roma le fa riprendere.
E si arriva alla canonizzazione nel 1235 sempre a opera di papa Gregorio. I suoi resti, trafugati da Marburgo durante i conflitti al tempo della Riforma protestante, sono ora custoditi in parte a Vienna. È compatrona dell’Ordine Francescano secolare assieme a S. Ludovico.