Il Papa: Gesù prega per noi, non bisogna dimenticarlo. Anche nei momenti più brutti.
L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta nel Cortile di San Damaso del Palazzo Apostolico Vaticano. Nel discorso in lingua italiana il Papa, concludendo il ciclo di catechesi sulla preghiera, ha incentrato la sua riflessione sul tema: “La preghiera pasquale di Gesù per noi” (Lettura: Mc 14, 32-36). Un passaggio delle parole del Papa Anche nella più dolorosa delle nostre sofferenze, non siamo mai soli. La preghiera di Gesù è con noi. “E adesso, Padre, qui, noi che stiamo ascoltando questo, Gesù prega per noi?”. Sì, continua a pregare perché la Sua parola ci aiuti ad andare avanti. Ma pregare e ricordare che Lui prega per noi. E questa mi sembra la cosa più bella da ricordare. Questa è l’ultima catechesi di questo ciclo sulla preghiera: ricordare la grazia che noi non solamente preghiamo, ma che, per così dire, siamo stati “pregati”, siamo già accolti nel dialogo di Gesù con il Padre, nella comunione dello Spirito Santo. Gesù prega per me: ognuno di noi può mettere questo nel cuore: non bisogna dimenticarlo. Anche nei momenti più brutti. ”Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
Catechesi del Santo Padre in lingua italiana
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Abbiamo più volte richiamato in questa serie di catechesi come la preghiera sia una delle caratteristiche più evidenti della vita di Gesù: Gesù pregava, e pregava tanto. Nel corso della sua missione, Gesù si immerge in essa, perché il dialogo con il Padre è il nucleo incandescente di tutta la sua esistenza. I Vangeli testimoniano come la preghiera di Gesù si sia fatta ancora più intensa e fitta nell’ora della sua passione e morte. Questi avvenimenti culminanti della sua vita costituiscono il nucleo centrale della predicazione cristiana: quelle ultime ore vissute da Gesù a Gerusalemme sono il cuore del Vangelo non solo perché a questa narrazione gli Evangelisti riservano, in proporzione, uno spazio maggiore, ma anche perché l’evento della morte e risurrezione – come un lampo – getta luce su tutto il resto della vicenda di Gesù. Egli non è stato un filantropo che si è preso cura delle sofferenze e delle malattie umane: è stato ed è molto di più.
In Lui non c’è solamente la bontà: c’è qualcosa di più, c’è la salvezza, e non una salvezza episodica – quella che mi salva da una malattia o da un momento di sconforto – ma la salvezza totale, quella messianica, quella che fa sperare nella vittoria definitiva della vita sulla morte. Nei giorni della sua ultima Pasqua, troviamo dunque Gesù pienamente immerso nella preghiera. Egli prega in maniera drammatica nell’orto del Getsemani – l’abbiamo sentito –, assalito da un’angoscia mortale. Eppure Gesù, proprio in quel momento, si rivolge a Dio chiamandolo “Abbà”, Papà (cfr Mc 14,36). Questa parola aramaica – che era la lingua di Gesù – esprime intimità, esprime fiducia. Proprio mentre sente le tenebre addensarsi intorno a Sé, Gesù le attraversa con quella piccola parola: Abbà, Papà. Gesù prega anche sulla croce, oscuramente avvolto dal silenzio di Dio. Eppure sulle sue labbra affiora ancora una volta la parola “Padre”. È la preghiera più ardita, perché sulla croce Gesù è l’intercessore assoluto: prega per gli altri, prega per tutti, anche per coloro che lo condannano, senza che nessuno, tranne un povero malfattore, si schieri dalla sua parte. Tutti erano contro di Lui o indifferenti, soltanto quel malfattore riconosce il potere. «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Nel pieno del dramma, nel dolore atroce dell’anima e del corpo, Gesù prega con le parole dei salmi; con i poveri del mondo, specialmente con quelli dimenticati da tutti, pronuncia le parole tragiche del salmo 22: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (v. 2): Lui sentiva l’abbandono e pregava. Sulla croce si compie il dono del Padre, che offre l’amore, cioè si compie la nostra salvezza. E anche, una volta, lo chiama “Dio mio”, “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”: cioè, tutto, tutto è preghiera, nelle tre ore della Croce. Gesù dunque prega nelle ore decisive della passione e della morte. E con la risurrezione il Padre esaudirà la preghiera.
La preghiera di Gesù è intensa, la preghiera di Gesù è unica e diviene anche il modello della nostra preghiera. Gesù ha pregato per tutti, ha pregato anche per me, per ognuno di voi. Ognuno di noi può dire: “Gesù, sulla croce, ha pregato per me”. Ha pregato. Gesù può dire a ognuno di noi: “Ho pregato per te, nell’Ultima Cena e sul legno della Croce”. Anche nella più dolorosa delle nostre sofferenze, non siamo mai soli. La preghiera di Gesù è con noi. “E adesso, Padre, qui, noi che stiamo ascoltando questo, Gesù prega per noi?”. Sì, continua a pregare perché la Sua parola ci aiuti ad andare avanti. Ma pregare e ricordare che Lui prega per noi. E questa mi sembra la cosa più bella da ricordare. Questa è l’ultima catechesi di questo ciclo sulla preghiera: ricordare la grazia che noi non solamente preghiamo, ma che, per così dire, siamo stati “pregati”, siamo già accolti nel dialogo di Gesù con il Padre, nella comunione dello Spirito Santo. Gesù prega per me: ognuno di noi può mettere questo nel cuore: non bisogna dimenticarlo. Anche nei momenti più brutti. Siamo già accolti nel dialogo di Gesù con il Padre nella comunione dello Spirito Santo. Siamo stati voluti in Cristo Gesù, e anche nell’ora della passione, morte e risurrezione tutto è stato offerto per noi. E allora, con la preghiera e con la vita, non ci resta che avere coraggio, speranza e con questo coraggio e speranza sentire forte la preghiera di Gesù e andare avanti: che la nostra vita sia un dare gloria a Dio nella consapevolezza che Lui prega per me il Padre, che Gesù prega per me.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della diocesi di Forlì-Bertinoro, guidati dal vescovo Livio Corazza che celebra il 40.mo di sacerdozio: e tanti auguri! Saluto anche l’Associazione Collaboratrici familiari delle ACLI, e l’Associazione Nazionale Ambulanti. Mentre vi ringrazio per la vostra presenza, vi incoraggio a perseverare nei vostri buoni propositi, auspicando per ciascuno di voi doni di gioia e di pace.Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Auguro che il periodo estivo possa essere tempo di serenità e una bella occasione per contemplare Dio nel capolavoro del Suo creato.A tutti voi la mia Benedizione.