Il Papa: L’amore ha bisogno di concretezza, l’amore ha bisogno di presenza, di incontro, ha bisogno di tempo e spazio donati
Ascoltiamo invece come ci provoca la Parola di Dio: «Se un fratello o una sorella sono nudi e mancanti del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, scaldatevi e saziatevi”, ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che giova?» (Gc 2,15-16). Questo lo dice l’apostolo Giacomo. L’amore ha bisogno di concretezza, l’amore ha bisogno di presenza, di incontro, ha bisogno di tempo e spazio donati: non può ridursi a belle parole, a immagini su uno schermo, a selfie di un momento o a messaggini frettolosi. Sono strumenti utili, che possono aiutare, ma non bastano all’amore, non possono sostituirsi alla presenza concreta.
Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Il Vangelo oggi ci presenta la guarigione di un lebbroso (cfr Mc 1,40-45). Al malato, che lo implora, Gesù risponde: «Lo voglio, sii purificato!» (v. 41). Pronuncia una frase semplicissima, che mette immediatamente in pratica. Infatti «subito la lebbra scomparve ed egli guarì» (v. 42). Ecco lo stile di Gesù con chi soffre: poche parole e fatti concreti.
Tante volte, nel Vangelo, lo vediamo comportarsi così nei confronti di chi soffre: sordomuti (cfr Mc 7,31-37), paralitici (cfr Mc 2,1-12) e tanti altri bisognosi (cfr Mc 5). Sempre fa così: parla poco e alle parole fa seguire prontamente le azioni: si china, prende per mano, risana. Non indugia in discorsi o interrogatori, tanto meno in pietismi e sentimentalismi. Dimostra piuttosto il pudore delicato di chi ascolta attentamente e agisce con sollecitudine, preferibilmente senza dare nell’occhio.
È un modo meraviglioso di amare, e come ci fa bene immaginarlo e assimilarlo! Pensiamo anche a quando ci succede di incontrare persone che si comportano così: sobrie di parole, ma generose nell’agire; restie a mettersi in mostra, ma pronte a rendersi utili; efficaci nel soccorrere perché disposte ad ascoltare. Amici e amiche a cui si può dire: “Vuoi ascoltarmi?” “Vuoi aiutarmi?”, con la fiducia di sentirsi rispondere, quasi con le parole di Gesù: “Sì, lo voglio, sono qui per te, per aiutarti!”. Questa concretezza è tanto più importante in un mondo, come il nostro, in cui sembra farsi sempre più strada una evanescente virtualità delle relazioni.
Ascoltiamo invece come ci provoca la Parola di Dio: «Se un fratello o una sorella sono nudi e mancanti del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, scaldatevi e saziatevi”, ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che giova?» (Gc 2,15-16). Questo lo dice l’apostolo Giacomo. L’amore ha bisogno di concretezza, l’amore ha bisogno di presenza, di incontro, ha bisogno di tempo e spazio donati: non può ridursi a belle parole, a immagini su uno schermo, a selfie di un momento o a messaggini frettolosi. Sono strumenti utili, che possono aiutare, ma non bastano all’amore, non possono sostituirsi alla presenza concreta.
Chiediamoci oggi: io so mettermi in ascolto delle persone, sono disponibile alle loro buone richieste? Oppure accampo scuse, rimando, mi nascondo dietro parole astratte e inutili? Concretamente, quand’è stata l’ultima volta che sono andato a visitare una persona sola o malata – ognuno si risponda nel cuore –, o quando è stata l’ultima volta che ho cambiato i miei programmi per venire incontro alle necessità di chi mi domandava aiuto?
Maria, sollecita nel prendersi cura, ci aiuti ad essere pronti e concreti nell’amore.
Dopo l’Angelus
Oggi è stata canonizzata María AntoniadePaz y Figueroa, una santa argentina. Un applauso alla nuova santa!
Si celebra oggi, nella memoria della Beata Vergine di Lourdes, la Giornata Mondiale del Malato, che quest’anno richiama l’attenzione sull’importanza delle relazioni nella malattia. La prima cosa di cui abbiamo bisogno quando siamo malati è la vicinanza delle persone care, degli operatori sanitari e, nel cuore, la vicinanza di Dio. Siamo tutti chiamati a farci prossimo a chi soffre, a visitare i malati, come ci insegna Gesù nel Vangelo. Per questo oggi voglio esprimere a tutte le persone ammalate o più fragili la mia vicinanza e quella di tutta la Chiesa. Non dimentichiamo lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza.
Ma in questa Giornata, fratelli e sorelle, non possiamo tacere il fatto che ci sono tante persone, oggi, alle quali è negato il diritto alle cure, e dunque il diritto alla vita! Penso a quanti vivono in povertà estrema; ma penso anche ai territori di guerra: lì sono violati ogni giorno diritti umani fondamentali! È intollerabile. Preghiamo per la martoriata Ucraina, per la Palestina e Israele, preghiamo per il Myanmar e per tutti i popoli martoriati dalla guerra.
Saluto tutti voi, romani e pellegrini di vari Paesi. In particolare, saluto i fedeli di Moral de Calatrava e Burgos (Spagna), quelli di Brasilia e del Portogallo; il Coro e l’Orchestra di giovani di Mostar; la Scuola di Vila Pouca de Aguiar (Portogallo).
Saluto i fedeli di Enego e di Rogno, i volontari del Santuario di Sant’Anna di Vinadio, il Coro di Eraclèa e l’Associazione Santa Paola Frassinetti di San Calogero. Saluto i giovani di Lodi, Petosino e Torri di Quartesòlo; i cresimandi di Malta, Lallio e Almenno San Salvatore; gli alunni dell’Istituto “Sant’Ambrogio” dei Salesiani di Milano e il Coretto Bimbi di Piovène Rocchette; come pure il gruppo di “Radio Mater”, in occasione del suo 30° anniversario.
A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.