Il Papa: tra gli antenati di Gesù compaiono anche le donne. Ne troviamo cinque: Tamar, Racab, Rut, Betsabea, infine Maria di Nazaret
La genealogia è un genere letterario, cioè una forma adatta a veicolare un messaggio molto importante: nessuno si dà la vita da sé stesso, ma la riceve in dono da altri; in questo caso, si tratta del popolo eletto e chi eredita il deposito della fede dei padri, nel trasmettere la vita ai figli, consegna loro anche la fede in Dio. Diversamente però dalle genealogie dell’Antico Testamento, dove appaiono solo nomi maschili, perché in Israele è il padre a imporre il nome al figlio, nella lista di Matteo tra gli antenati di Gesù compaiono anche le donne. Ne troviamo cinque: Tamar, la nuora di Giuda che, rimasta vedova, si finge prostituta per assicurare una discendenza a suo marito (cfr Gen 38); Racab, la prostituta di Gerico che permette agli esploratori ebrei di entrare nella terra promessa e conquistarla (cfr Gs 2); Rut, la moabita che, nel libro omonimo, resta fedele alla suocera, se ne prende cura e diventerà la bisnonna del re Davide; Betsabea, con cui Davide commette adulterio e, dopo aver fatto uccidere il marito, genera Salomone (cfr 2Sam 11); e infine Maria di Nazaret, sposa di Giuseppe, della casa di Davide: da lei nasce il Messia, Gesù.
L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.00 nell’Aula Paolo VI dove Papa Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa, iniziando un nuovo ciclo di catechesi che si svolgerà lungo l’intero Anno Giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza”, ha incentrato la sua meditazione sul tema L’infanzia di Gesù – Genealogia di Gesù (Mt 1,1-17). L’ingresso del Figlio di Dio nella storia (Lettura: Mt 1,1-3.15-16).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.
Ciclo – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. I. L’infanzia di Gesù. 1. Genealogia di Gesù (Mt 1,1-17). L’ingresso del Figlio di Dio nella storia
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi iniziamo il ciclo di catechesi che si svolgerà lungo tutto l’Anno giubilare. Il tema è “Gesù Cristo nostra speranza”: è Lui, infatti, la meta del nostro pellegrinaggio, e Lui stesso è la via, il cammino da percorrere.
La prima parte tratterà l’infanzia di Gesù, che ci viene narrata dagli Evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 1–2; Lc 1–2). I Vangeli dell’infanzia raccontano il concepimento verginale di Gesù e la sua nascita dal grembo di Maria; richiamano le profezie messianiche che in Lui si compiono e parlano della paternità legale di Giuseppe, che innesta il Figlio di Dio sul “tronco” della dinastia davidica. Ci è presentato Gesù neonato, bambino e adolescente, sottomesso ai suoi genitori e, nello stesso tempo, consapevole di essere tutto dedito al Padre e al suo Regno. La differenza tra i due Evangelisti è che mentre Luca racconta gli eventi con gli occhi di Maria, Matteo lo fa con quelli di Giuseppe, insistendo su una paternità così inedita.
Matteo apre il suo Vangelo e l’intero canone neotestamentario con la «genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1,1). Si tratta di una lista di nomi già presente nelle Scritture ebraiche, per mostrare la verità della storia e la verità della vita umana. In effetti, «la genealogia del Signore è costituita dalla storia vera, dove sono presenti alcuni nomi a dir poco problematici e si sottolinea il peccato del re Davide (cfr Mt 1,6). Tutto, comunque, finisce e fiorisce in Maria e in Cristo (cfr Mt 1,16)» (Lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, 21 novembre 2024). Appare poi la verità della vita umana che passa da una generazione all’altra consegnando tre cose: un nome che racchiude un’identità e una missione uniche; l’appartenenza a una famiglia e a un popolo; e infine l’adesione di fede al Dio d’Israele.
La genealogia è un genere letterario, cioè una forma adatta a veicolare un messaggio molto importante: nessuno si dà la vita da sé stesso, ma la riceve in dono da altri; in questo caso, si tratta del popolo eletto e chi eredita il deposito della fede dei padri, nel trasmettere la vita ai figli, consegna loro anche la fede in Dio. Diversamente però dalle genealogie dell’Antico Testamento, dove appaiono solo nomi maschili, perché in Israele è il padre a imporre il nome al figlio, nella lista di Matteo tra gli antenati di Gesù compaiono anche le donne. Ne troviamo cinque: Tamar, la nuora di Giuda che, rimasta vedova, si finge prostituta per assicurare una discendenza a suo marito (cfr Gen 38); Racab, la prostituta di Gerico che permette agli esploratori ebrei di entrare nella terra promessa e conquistarla (cfr Gs 2); Rut, la moabita che, nel libro omonimo, resta fedele alla suocera, se ne prende cura e diventerà la bisnonna del re Davide; Betsabea, con cui Davide commette adulterio e, dopo aver fatto uccidere il marito, genera Salomone (cfr 2Sam 11); e infine Maria di Nazaret, sposa di Giuseppe, della casa di Davide: da lei nasce il Messia, Gesù.
Le prime quattro donne sono accomunate non dal fatto di essere peccatrici, come a volte si dice, ma di essere straniere rispetto al popolo d’Israele. Ciò che Matteo fa emergere è che, come ha scritto Benedetto XVI, «per il loro tramite entra … nella genealogia di Gesù il mondo delle genti – si rende visibile la sua missione verso ebrei e pagani» (L’infanzia di Gesù, Milano-Città del Vaticano 2012, 15).
Mentre le quattro donne precedenti sono menzionate accanto all’uomo che è nato da loro o a colui che l’ha generato, Maria, invece, acquista particolare risalto: segna un nuovo inizio, è lei stessa un nuovo inizio, perché nella sua vicenda non è più la creatura umana protagonista della generazione, ma Dio stesso. Lo si vede bene dal verbo «è nato»: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1,16). Gesù è figlio di Davide, innestato da Giuseppe in quella dinastia e destinato ad essere il Messia d’Israele, ma è anche figlio di Abramo e di donne straniere, destinato quindi ad essere la «Luce delle genti» (cfr Lc 2,32) e il «Salvatore del mondo» (Gv 4,42).
Il Figlio di Dio, consacrato al Padre con la missione di rivelare il suo volto (cfr Gv 1,18; Gv 14,9), entra nel mondo come tutti i figli dell’uomo, tanto che a Nazaret sarà chiamato «figlio di Giuseppe» (Gv 6,42) o «figlio del falegname» (Mt 13,55). Vero Dio e vero uomo.
Fratelli e sorelle, risvegliamo in noi la memoria grata nei confronti dei nostri antenati. E soprattutto rendiamo grazie a Dio, che, mediante la madre Chiesa, ci ha generati alla vita eterna, la vita di Gesù, nostra speranza.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le parrocchie di Fermo, accompagnate dal loro Arcivescovo, i gruppi di Sezze, la banda musicale di Serino, gli studenti di San Benedetto del Tronto.
Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. Il Natale è ormai vicino e amo pensare che nelle vostre case ci sia il presepe: questo elemento importante della nostra spiritualità e della nostra cultura è un modo suggestivo per ricordare Gesù che è venuto “ad abitare in mezzo a noi”.
E poi, cari fratelli e sorelle, preghiamo per la pace. Non dimentichiamo la gente che soffre per la guerra: la Palestina, Israele, e tutti colori che stanno soffrendo, Ucraina, Myanmar… Non dimentichiamo di pregare per la pace, perché finiscano le guerre. Chiediamo al principe della pace, al Signore, che ci dia questa grazia: la pace, la pace nel mondo. La guerra, non dimentichiamo, sempre è una sconfitta, sempre! La guerra sempre è una sconfitta.
A tutti la mia benedizione!