La Parola:Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,22-29).”Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità News, buongiorno e buon inizio di settimana.Oggi è interessante sottolineare, alla fine del brano evangelico odierno, l’opposizione assai significativa di Gesù a proposito delle “opere di Dio” nei confronti dei Giudei. Essi infatti chiedono a Gesù: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. Ed egli risponde che c’è una sola opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato. I Giudei si reputavano molto bravi nel fare le opere di Dio. Essi pensavano ai comandamenti dati da Dio a Mosè, che osservavano con scrupolosità, pretendendo inoltre la ricompensa divina. Gesù invece parla di un’opera che soltanto Dio può compiere: credere nel Messia inviato dal Padre. È un’opera che, non escludendo altre opere, si iscrive in ogni opera richiesta da Dio. Come i Giudei, anche molti cristiani del nostro tempo sono indaffarati e affannati nel moltiplicare le “opere di Dio”, col rischio finale di esaurirsi nel fare e in uno sterile agitarsi, dimenticando Dio.È proprio di questo che dobbiamo preoccuparci: di accogliere l’opera di Dio in ciascuna delle nostre opere e di essere aperti a ricevere la fede, dono di Dio in ogni opera che compiamo con il suo aiuto. Siamo veri cristiani e discepoli se, in ogni opera che compiamo, lasciamo che Dio instauri in noi un legame di fede totale e di abbandono in Lui, in modo che ogni nostra azione sia l’occasione propizia per staccarci da noi stessi e dal nostro protagonismo faccendiero, per appoggiarci sempre di più su Gesù, il Signore Risorto. Soltanto così, le nostre “opere di Dio” saranno veramente e primariamente anche la sua opera.In un momento di preghiera e di raccoglimento verificherò se nella mia vita le “opere di Dio” che io compio sono solo una ricerca spasmodica di cose da fare, una sorta di efficientismo manageriale, che mi porta poi alla stanchezza e a dimenticare Dio.

La voce di due Papi del nostro tempo: «La fede nel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù di Nazareth non ci separa dalla realtà, ma ci permette di cogliere il suo significato più profondo, di scoprire quanto Dio ama questo mondo e lo orienta incessantemente verso di Sé; e questo porta il cristiano a impegnarsi, a vivere in modo ancora più intenso il cammino sulla terra» (Papa Francesco e Benedetto XVI, Enciclica Lumen fidei, num. 18).Auguro a tutti una buona giornata e una buona meditazione. Vi benedico. Padre Gaetano.

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