Memoria dei santi Paolo Miki e compagni, martiri, a Nagasaki in Giappone.
Nato a Kyoto nel 1556 in una famiglia benestante e battezzato a cinque anni, Paolo Miki entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il primo religioso cattolico giapponese. Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddhisti. Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi, percorrendo continuamente il Paese. Nel 1582-84 c’è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma proprio Hideyoshi capovolge la politica verso i cristiani, diventando da tollerante a persecutore per un complesso di motivi: il timore che il cristianesimo minacci l’unità nazionale, già indebolita dai feudatari; il comportamento offensivo e minaccioso di marinai cristiani (spagnoli) arrivati in Giappone; e anche i gravi dissidi tra gli stessi missionari dei vari Ordini in terra giapponese, tristi fattori di diffidenza. Un insieme di fatti e di sospetti che porterà a spietati eccidi di cristiani nel secolo successivo. Ma già al tempo di Hideyoshi, ecco una prima persecuzione locale, che coinvolge Paolo Miki. Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, Paolo Miki trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di San Francesco. E insieme a tutti loro viene crocifisso su un’altura presso Nagasaki. Andando al supplizio, ripete le parole di Gesù in croce: “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum”. Proprio così le dice: in quel latino che da giovane studiava con tanta fatica. Nel 1862, papa Pio IX lo proclamerà santo.Nell’anno 1846, a Verona, un seminarista quindicenne legge il racconto di questo supplizio e ne riceve la prima forte spinta alla vita missionaria: è Daniele Comboni, futuro apostolo della “Nigrizia”, alla quale dedicherà vita e morte, tre secoli dopo san Paolo Miki.