“Paradiso, Paradiso, preferisco il Paradiso”. La Chiesa ricorda San Filippo Neri.
Degli onori, anche se religiosi, a Filippo non importava nulla: rifiutò persino di diventare cardinale, dicendo: ”Paradiso, Paradiso, preferisco il Paradiso”.Oggi la Chiesa fa memoria di un grande Santo ,definito Santo della gioia, per il suo carattere gioviale e allegro a cui il popolo romano e non solo ,è molto legato . Filippo Neri era nato a Firenze il 21 luglio 1515, padre notaio caduto in disgrazia mamma morta quando era ancora piccolissimo: un bambino con un buon carattere, molto religioso e amante della lettura. Quando aveva 18 anni il padre lo mandò a Cassino da un parente perché diventasse un commerciante. Ma a Filippo l’agiatezza economica non interessava, aveva altri desideri nel cuore e ben presto decise di recarsi a Roma a piedi. Il 26 maggio il calendario ricorda san Filippo Neri, che per primo nella Roma povera e semidistrutta del XVI secolo riunì intorno a sé i bambini, all’insegna di fede, gioia e musica. Il suo oratorio ha attraversato i secoli per continuare ad accogliere i ragazzi.
Oratorio è una parola che fa parte della vita di tutti: è il luogo del gioco e della preghiera, uno spazio in cui crescere all’ombra di Gesù, ma che sa accogliere tutti, anche quelli che non sono cristiani. Non c’erano scuole nella Roma del 1500, al massimo precettori per i figli dei ricchi. E quella che un tempo era stata la capitale di un grande impero era diventata davvero un brutto posto in cui vivere: certo, c’era il Papa, c’erano le banche, i palazzi dei nobili. Per il resto, poche decine di migliaia di poveracci ammassati in vie strette e sporche, i sopravvissuti a uno dei peggiori saccheggi della storia, il sacco di Roma a opera dei Lanzichenecchi (1527). I bambini erano tanti, abbandonati a se stessi, bambini di strada li chiameremmo oggi, mendicanti, ladruncoli, sempre affamati. Poi per loro arrivò un prete che faceva il buffone e aveva sempre il sorriso sul volto. Trovò ospitalità nella casa di un fiorentino, capo della Dogana. Oltre a una stanzetta con un letto, un tavolino e una corda appesa al muro a cui appendere la giacca, riceveva un sacco di grano al giorno; in cambio insegnava il latino ai due figli. A parte il suo incarico di precettore trascorreva il tempo visitando chiese e catacombe, soprattutto di notte.
Era diventato amico di tutti: dei frati domenicani con cui cantava nel coro, dei gesuiti che prestavano aiuto ai poveri e ai malati, dei ragazzi che lavoravano come commessi nelle botteghe. Nel giorno di Pentecoste del 1544, mentre pregava nelle catacombe di San Sebastiano, tanta era la sua estasi che il cuore gli si dilatò nel petto, rompendogli due costole: Filippo Neri lo interpretò come un’effusione dello Spirito Santo. Da quel giorno spesso il petto gli diventava incandescente, e lui doveva metterci sopra delle pezze bagnate per non soccombere a tanto calore. Poiché si stava avvicinando l’anno del Giubileo (1550), presso la chiesa di San Girolamo della Carità fondò con altre persone generose la Compagnia della Santissima Trinità per assistere i pellegrini che sarebbero arrivati a Roma. Tra questi compagni c’era anche un sacerdote, padre Persiano Rosa, che divenne il suo confessore e gli suggerì la via del sacerdozio. Il 23 maggio 1551 Filippo divenne prete. E il desiderio di far del bene, come diceva in tutta semplicità, divenne un fiume in piena, capace di contagiare con il suo buonumore e il suo spirito di carità chiunque lo incontrasse. Nacque così l’Oratorio. Intorno a lui sempre tanti bambini, con cui giocava, cantava, andava a soccorrere i più poveri, e a cui, di fronte alla loro vivacità diceva: “Figlioli, state allegramente: non voglio né scrupoli, né malinconie, mi basta che non facciate peccati”. La sua frase ricorrente, era “State buoni… se potete». E quando invitava a darsi da fare per gli altri, diceva:” Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto per i poltroni”.
Non si faceva scrupolo a mendicare bussando alle porte dei palazzi più lussuosi. Un aneddoto racconta come un giorno un signore, infastidito dalle sue richieste, gli diede uno schiaffo. Filippo non si scompose: «Questo è per me» disse sorridendogli «e ve ne ringrazio. Ora datemi qualcosa per i miei ragazzi». La musica aveva un ruolo molto importante: infatti era attraverso il canto che Filippo Neri, tirava fuori i loro talenti, li rendeva orgogliosi, e più vicini a Dio. Non a tutti piaceva il suo modo di intendere il Vangelo. A un certo punto fu persino accusato di eresia. Ma furono di più gli estimatori dei detrattori. Estimatori molto illustri, come l’amico cardinale Carlo Borromeo che gli affidò una sede più dignitosa del modesto San Girolamo (sopra un dipinto della chiesa).A Filippo non restò che accettare, ma alla nuova chiesa di San Giovanni dei Fiorentini mandò alcuni suoi seguaci diventati preti mentre lui restò in quella vecchia. Poi nel 1575 papa Gregorio XIII istituì presso la chiesa di Santa Maria in Vallicella la Congregazione di preti e chierici secolari dell’Oratorio, di cui Filippo Neri era il superiore, dove si trasferì solo nel 1583, dove visse fino alla morte, avvenuta il 26 maggio 1595, e dove ancora si trova il suo corpo. La causa della sua beatificazione iniziò due mesi dopo la morte. Tanto aveva fatto per Roma che, dopo essere stato proclamato Santo nel 1622, divenne compatrono della città, terzo apostolo dopo Pietro e Paolo.