Roma. Santa Cecilia, la nuova stagione.
28 concerti sinfonici, 18 cameristici e il consueto, non meno forbito contorno di attività didattiche, conferenze, presentazioni. Tutti i dettagli navigando santacecilia.it .La stagione 2019-2020 di Santa Cecilia esordisce con un kolossal, il Requiem di Hector Berlioz (la Grande Messe des morts) nel 150° dalla scomparsa del francese, primo grande rivoluzionario dell’orchestra ottocentesca (l’altro sarà Wagner). Composta nel 1838, la monumentale pagina sacra contiene tutti gli ingredienti della fucina berlioziana, dalle novità armoniche alla moltiplicazione timbrica delle sezioni strumentali, dalla potenza – allora inaudita – dei “fortissimo” alle sottigliezze di un lirismo coloristico che sa già di primo Wagner se non di Débussy. Fiato alle trombe dunque alle trombe! L’arsenale sonoro, per questa prima romana del 10-11-12 ottobre, contiene: Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Coro del San Carlo di Napoli e Banda della Polizia di Stato. Tutti sotto la guida della bacchetta di sir Antonio Pappano. Un organico di almeno 300 esecutori, precisa la nota dell’Accademia. E sul versante vocale (qui affidato, decisa anomalia per l’epoca, al solo tenore) si segnala il debutto romano del tenore messicano Javier Camarena. Da che esiste (oltre cent’anni), l’orchestra ceciliana ha eseguito la complessa partitura solo altre quattro volte: nel 1926 (all’Augusteo, con Bernardo Molinari sul podio), nel 1953, nel 1968 e nel 1999.Berlioz torna poi, in omaggio al centocinquantennale, nei due concerti successivi: il 17-18-19 ottobre con l’ouverture del Benvenuto Cellini e la Sinfonia fantastica, il 24-25-26/10 con l’ouverture di Béatrice et Bénédict. Prendono così il via le nuove stagioni, segno di perdurante e brillante tenuta dell’Accademia. Che non perde vitalità, colpi e incassi da anni. Anche tra autunno 2019 ed estate 2020 i calendari appaiono densi, equilibrati (tra epoche diverse, tra autori di richiamo e di nicchia, tra grandi classici e novità contemporanee) e farciti di nomi a tutto tondo di diverse generazioni: oltre Pappano sul podio salgono Mikko Franck, Juraj Valcuha, David Afkham, Gustavo Dudamel, Manfred Honeck, Susanna Mälkki, Tan Dun (che esegue la prima italiana della sua Buddha Passion), Gianandrea Noseda, Daniele Gatti, Antonello Manacorda, Myung-Whun Chung, Tomáš Netopil, Jakub Hruša, Pablo Heras-Casado, Lahav Shani, Valerij Gergiev… solo per ricordarne alcuni. Non meno vario il panorama dei solisti, dalla violinista Anna Tifu ai molti astri pianistici nuovi e nuovissimi come Evgenij Kissin, Emanuel Ax e Aleksandr Volodin (e anche, a giugno 2020, il nostro Stefano Bollani che si cimenta con Poulenc, a quattro mani con Hyung Ki-Joo).