Roma set a cielo aperto per tanti film
Il fascino della città eterna, da decenni, conquista registi e produttori, italiani e stranieri, che scelgono Roma come location per i loro film o per alcune scene. Il primo kolossal americano girato a Cinecittà risale addirittura al 1951, Quo Vadis, seguito poi nel 1953 dal celebre Vacanze Romane della coppia in vespa Peck – Hepburn e da Ben Hur che nel 1959 vinse 11 Oscar (primato eguagliato solo da Titanic e da Il Signore degli Anelli: il ritorno del re). Erano i tempi della “Hollywood sul Tevere”, con gli Studios di Cinecittà al massimo splendore.
È di quegli anni (1958) un capolavoro assoluto del cinema italiano, “I soliti ignoti”, ambientato interamente a Roma. Il film inizia in via Alesia, con Cosimo e Capannelle che rompono il finestrino di un’auto e termina nel quartiere Nomentano, davanti ai palazzi dei Campi Flegrei, mentre nel 1960 con “La Dolce Vita” Federico Fellini regala una delle sequenze più famose della storia del cinema (girata tra febbraio e marzo) con il bagno notturno dentro Fontana di Trevi di Anita Ekberg.
Location diventate di culto, come tante altre: in via Giovanni Conti, nel quartiere Vigne Nuove, è stata apposta una targa celebrativa nel punto in cui sorgeva il Palo della Morte di “Un sacco bello”, luogo di incontro di Sergio ed Enzo, diventato anche meta di “pellegrinaggi” il giorno di Ferragosto. Stessa modalità per “Ladri di biciclette”, diretto da Vittorio De Sica, con una targa sul muro della palazzina in cui ha inizio il film, in via Gran Paradiso, all’angolo con via Scarpanto, zona Val Melaina.
Iconica è diventata anche la casa di Fantozzi soprattutto per la scena dell’autobus al volo che il ragioniere tenta di prendere calandosi dal balconcino sul tratto sopraelevato della Tangenziale Est (all’epoca, 1975, in costruzione e ancora chiusa al traffico). Il personaggio creato da Villaggio gioca a calcio nel disastrato campetto in Lungotevere Dante e lavora nel palazzo della Regione Lazio in via Cristoforo Colombo 212, anche se per la scena dei dipendenti che si calano dalle finestre al suono della campanella (“Fantozzi contro tutti”) si utilizzò il palazzo dell’Enea su Lungotevere Flaminio.
Un quartiere storico della capitale che ha affascinato tanti registi è Testaccio, utilizzato, tra gli altri, da Ozpetek ne “La finestra di fronte”, da Verdone in “Acqua e Sapone” (la tintoria chiusa è in via Ghiberti 35), da Scola ne “Il Dramma della Gelosia” e da Bertolucci “La Luna”, mentre il Pigneto è stato uno dei simboli del cinema neorealista con “Roma città aperta” di Rossellini, “Accattone” di Pier Paolo Pasolini e “Un borghese piccolo piccolo” di Monicelli.