Sofferenza: Dio la vede e la prende tra le sue mani.
Cari lettori e lettrici di Cronaca e Legalità News,la parola che vi propongo questa settimana è sofferenza. Una parola che non ha bisogno di definizioni e spiegazioni perché tutti la sperimentiamo quotidianamente. Se c’è una cosa che tutti gli esseri umani condividono, credenti e non credenti, è proprio la sofferenza. Essa è comune eredità di tutto il genere umano, da sempre. La incrociamo ogni giorno: nelle nostre famiglie, nella nostra propria persona, nei luoghi pubblici che frequentiamo: lavoro, scuole, ospedali, ecc. è una realtà che vorremo eliminare a tutti i costi, soprattutto nella cultura attuale, si fa di tutto per eliminare ad ogni costo il dolore e la sofferenza. Non che il tentativo da parte dell’uomo di eliminare la sofferenza sia negativo, anzi, tutto il contrario, l’uomo deve lottare per alleviare il dolore e migliorare le condizioni di tutti, ma il volere estromettere la sofferenza del tutto dalla vita significa intraprendere, come fece don Chisciotte, una battaglia contro i mulini a vento. A volte la sofferenza è anche occasione di scandalo: se Dio è amore, perché la sofferenza, perché il dolore? Molti si allontanano dalla fede proprio per questo. Se proviamo a cercare una risposta razionale al dolore, all’enigma della sofferenza, non troveremo risposte esaustive. Non esiste una spiegazione razionale al dolore.
Anche nella Bibbia, pur sottolineando il libro della Genesi che la sofferenza è una conseguenza della colpa dei nostri progenitori (non era nel progetto di Dio!), non esiste una spiegazione esaustiva al dolore. La sofferenza rimane un mistero! Giobbe che è l’icona biblica del giusto sofferente s’interroga anche lui sul perché del suo dolore e della sua condizione di prova. Giunge persino a contestare Dio, a lottare con lui. La Bibbia, dunque, non ci fornisce una spiegazione razionale della sofferenza, ma ci mostra che Dio è sempre accanto a noi nella sofferenza.
Tra i tanti testi della Scrittura che potrei citare al riguardo c’è ne uno che piace particolarmente tutte le volte che lo leggo. È il salmo 10:
“Perché, Signore, ti tieni lontano,nei momenti di pericolo ti nascondi?
Con arroganza il malvagio perseguita il povero
Il malvagio si vanta dei suoi desideri,
l’avido benedice se stesso.
Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore:
«Dio non ne chiede conto, non esiste!»;
questo è tutto il suo pensiero.
Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano,
non dimenticare i poveri.
Perché il malvagio disprezza Dio
e pensa: «Non ne chiederai conto»?
Eppure tu vedi l’affanno e il dolore,
li guardi e li prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell’orfano tu sei l’aiuto”. (Sal. 10,1-3.12-14)
Dio è Colui che vede il dolore e l’affanno degli uomini e li prende nelle proprie mani, cioè partecipa al dolore dell’uomo, gli è vicino, lo sostiene con la sua grazia. Qualche giorno fa una persona confessandosi mi ha detto: “lo so che chi soffre è vicino a Dio… ma io non ce la faccio in questa situazione”. Mi è venuto spontaneo rispondere: “semmai è il contrario, Dio è vicino a chi soffre! Perciò Lui è accanto a te e ti sostiene! Non avere paura!”. Nei nostri momenti di buoi, prova, sofferenza non dimentichiamo che Dio è accanto a noi e noi possiamo affidarci a lui mediante la preghiera. Anzi nella sofferenza dobbiamo evitare un atteggiamento deleterio che aumenta il nostro dolore: chiederci il perché della nostra sofferenza. Tutte le volte che ci chiediamo perché, non facciamo altro che arrovellarci mentalmente e non trovare nessuna risposta. Invece di chiederci il “perché” delle nostre prove, chiediamoci “come”, “come affrontare e vivere la sofferenza, il dolore e la prova?”. Poniamo a Dio la stessa domanda che gli pose Maria: “Come è possibile…?” (cfr. Lc 1,26). Alla domanda “perché questo mio dolore?”, non otterremo nessuna risposta. Al “Come vivere il mio dolore?”, Dio risponde sempre con il dono dello Spirito Santo per sostenerci nella prova.
Concludo lasciandovi questa bellissima preghiera nata dal cuore di un ammalato
“O Signore, la malattia ha bussato
Alla porta della mia vita,
mi ha sradicato della mia casa
e mi ha trapiantato in un altro mondo,
il mondo dei malati.
Un’esperienza dura, Signore,
una realtà difficile da accettare.
Mi ha fatto toccare con mano
La fragilità e la precarietà della mia vita,
mi ha liberato da tante illusioni
Ora guardo tutto con occhi diversi:
quello che ho e quello che sono
non mi appartiene, è un tuo dono.
Ho scoperto che cosa vuol dire: dipendere,
aver bisogno di tutto e di tutti,
non poter far nulla da solo.
Ho provato la solitudine, l’angoscia, la disperazione,
ma anche l’affetto, l’amore, l’amicizia di tante persone.
Signore, anche se mi è difficile,
ti dico: sia fatta la tua volontà.