Il Papa: per diventare operatori di pace, prima di tutto occorre disarmare il cuore

Come si fa allora a diventare operatori di pace? Prima di tutto occorre disarmare il cuore. Sì, perché siamo tutti equipaggiati con pensieri aggressivi, uno contro l’altro, con parole taglienti, e pensiamo di difenderci con i fili spinati della lamentela e con i muri di cemento dell’indifferenza; e fra lamentela e indifferenza ci difendiamo, ma questo non è pace, questo è guerra. Il seme della pace chiede di smilitarizzare il campo del cuore. Come va il tuo cuore? È smilitarizzato o è così con queste cose, con la lamentela e l’indifferenza, con l’aggressione? E come si smilitarizza il cuore? Aprendoci a Gesù, che è «la nostra pace» (Ef 2,14); stando davanti alla sua Croce, che è la cattedra della pace; ricevendo da Lui, nella Confessione, «il perdono e la pace». Da qui si comincia, perché essere operatori di pace, essere santi, non è capacità nostra, è dono suo, è grazia.

Alle ore 12 di oggi, Solennità di Tutti i Santi, Papa Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

Cari fratelli e sorelle, buona festa, buongiorno! Oggi, festeggiamo tutti i Santi e potremmo avere un’impressione fuorviante: potremmo pensare di celebrare quelle sorelle e quei fratelli che in vita sono stati perfetti, sempre lineari, precisi, anzi “inamidati”. Invece, il Vangelo di oggi smentisce questa visione stereotipata, questa “santità da immaginetta”. Infatti le Beatitudini di Gesù (cfr Mt 5,1-12), che sono la carta d’identità dei santi, mostrano tutto l’opposto: parlano di una vita controcorrente, di una vita rivoluzionaria! I santi sono i veri rivoluzionari.

Prendiamo ad esempio una beatitudine, molto attuale: «Beati gli operatori di pace» (v. 9), e vediamo come la pace di Gesù sia molto diversa da quella che immaginiamo. Tutti desideriamo la pace, ma spesso quello che noi vogliamo non è proprio la pace, è stare in pace, essere lasciati in pace, non avere problemi ma tranquillità. Gesù, invece, non chiama beati i tranquilli, quelli che stanno in pace, ma quelli che fanno la pace e lottano per fare la pace, i costruttori, gli operatori di pace. Infatti, la pace va costruita e come ogni costruzione richiede impegno, collaborazione, pazienza. Noi vorremmo che la pace piovesse dall’alto, invece la Bibbia parla del «seme della pace» (Zc 8,12), perché essa germoglia dal terreno della vita, dal seme del nostro cuore; cresce nel silenzio, giorno dopo giorno, attraverso opere di giustizia e di misericordia, come ci mostrano i testimoni luminosi che festeggiamo oggi. Ancora, noi siamo portati a credere che la pace arrivi con la forza e la potenza: per Gesù è il contrario. La sua vita e quella dei santi ci dicono che il seme della pace, per crescere e dare frutto, deve prima morire. La pace non si raggiunge conquistando o sconfiggendo qualcuno, non è mai violenta, non è mai armata. Stavo vedendo nel programma “A Sua Immagine”, tanti santi e sante che hanno lottato, hanno fatto la pace ma con il lavoro, dando la propria vita, offrendo la vita.

Come si fa allora a diventare operatori di pace? Prima di tutto occorre disarmare il cuore. Sì, perché siamo tutti equipaggiati con pensieri aggressivi, uno contro l’altro, con parole taglienti, e pensiamo di difenderci con i fili spinati della lamentela e con i muri di cemento dell’indifferenza; e fra lamentela e indifferenza ci difendiamo, ma questo non è pace, questo è guerra. Il seme della pace chiede di smilitarizzare il campo del cuore. Come va il tuo cuore? È smilitarizzato o è così con queste cose, con la lamentela e l’indifferenza, con l’aggressione? E come si smilitarizza il cuore? Aprendoci a Gesù, che è «la nostra pace» (Ef 2,14); stando davanti alla sua Croce, che è la cattedra della pace; ricevendo da Lui, nella Confessione, «il perdono e la pace». Da qui si comincia, perché essere operatori di pace, essere santi, non è capacità nostra, è dono suo, è grazia.

Fratelli e sorelle, guardiamoci dentro e chiediamoci: siamo costruttori di pace? Lì dove viviamo, studiamo e lavoriamo, portiamo tensione, parole che feriscono, chiacchiere che avvelenano, polemiche che dividono? Oppure apriamo la via della pace: perdoniamo chi ci ha offeso, ci prendiamo cura di chi si trova ai margini, risaniamo qualche ingiustizia aiutando chi ha di meno? Questo è si chiama costruire la pace.

Può sorgere però un’ultima domanda, che vale per ogni beatitudine: conviene vivere così? Non è perdente? È Gesù a darci la risposta: gli operatori di pace «saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9): nel mondo sembrano fuori posto, perché non cedono alla logica del potere e del prevalere, in Cielo saranno i più vicini a Dio, i più simili a Lui. Ma, in realtà, anche qui chi prevarica resta a mani vuote, mentre chi ama tutti e non ferisce nessuno vince: come dice il Salmo, “l’uomo di pace avrà una discendenza” (cfr Sal 37,37).

La Vergine Maria, Regina di tutti i santi, ci aiuti a essere costruttori di pace nella vita di ogni giorno.

Dopo l’Angelus

Dopodomani partirò per un Viaggio apostolico nel Regno del Bahrein, dove mi tratterrò fino a domenica. Già da ora desidero salutare e ringraziare di cuore il Re, le Autorità, i fratelli e le sorelle nella fede, e tutta la popolazione del Paese, specialmente quanti da tempo stanno lavorando alla preparazione di questa visita. Sarà un Viaggio all’insegna del dialogo: parteciperò infatti a un Forum che tematizza l’imprescindibile necessità che Oriente e Occidente si vengano maggiormente incontro per il bene della convivenza umana; avrò l’opportunità di intrattenermi con rappresentanti religiosi, in particolare islamici. Chiedo a tutti di accompagnarmi con la preghiera, perché ogni incontro e avvenimento sia un’occasione proficua per sostenere, in nome di Dio, la causa della fraternità e della pace, di cui i nostri tempi hanno estremo e urgente bisogno.

Saluto con affetto tutti voi, romani e pellegrini venuti dall’Italia e da vari Paesi. In particolare, saluto i fedeli di Setúbal, in Portogallo, e gli adolescenti della professione di fede di Cassina de’ Pecchi, diocesi di Milano.

Sono contento di accogliere i partecipanti alla Corsa dei Santi, promossa dalla Fondazione “Missioni Don Bosco” per vivere in una dimensione di festa popolare la ricorrenza di Tutti i Santi. Grazie per la vostra bella iniziativa e per la vostra presenza!

Cari fratelli e sorelle, per favore, non dimentichiamoci della martoriata Ucraina: preghiamo per la pace, preghiamo perché in Ucraina ci sia la pace.

La giornata di domani è dedicata alla commemorazione di tutti i fedeli defunti. Oltre a compiere la tradizionale visita alle tombe dei nostri cari, invito a ricordarli nella preghiera di suffragio, specialmente durante la Santa Messa.

A tutti auguro una buona festa. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

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