Il Papa: Con lo Spirito Santo non ci lasciamo intimorire dalle difficoltà, né dalle derisioni, né dalle opposizioni che, oggi come ieri, non mancano mai nella vita apostolica

Con la stessa forza: cioè, non con prepotenza e imposizioni – il cristiano non è prepotente, la sua forza è un’altra, e la forza dello Spirito –,nemmeno coi calcoli e colle furbizie, ma con l’energia che viene dalla fedeltà alla verità, che lo Spirito insegna ai nostri cuori e fa crescere in noi. E così noi ci arrendiamo allo Spirito, non ci arrendiamo alla forza del mondo, ma continuiamo a parlare di pace a chi vuole la guerra, a parlare di perdono a chi semina vendetta, a parlare di accoglienza e solidarietà a chi sbarra le porte ed erige barriere, a parlare di vita a chi sceglie la morte, a parlare di rispetto a chi ama umiliare, insultare e scartare, a parlare di fedeltà a chi rifiuta ogni legame, confondendo la libertà con un individualismo superficiale, opaco e vuoto. Senza lasciarci intimorire dalle difficoltà, né dalle derisioni, né dalle opposizioni che, oggi come ieri, non mancano mai nella vita apostolica

Alle ore 10.00 di questa mattina, Domenica di Pentecoste, Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa nella Basilica di San Pietro.

Pubblichiamo di seguito l’Omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Il racconto della Pentecoste (cfr At 2,1-11), ci mostra due ambiti dell’azione dello Spirito Santo nella Chiesa: in noi e nella missione, con due caratteristiche: la forza e la gentilezza.

L’azione dello Spirito in noi è forte, come simboleggiano i segni del vento e del fuoco, che spesso nella Bibbia sono associati alla potenza di Dio (cfr Es 19,16-19). Senza questa forza, non riusciremmo mai a sconfiggere il male, né a vincere i desideri della carne di cui parla San Paolo, a vincere quelle pulsioni dell’anima: l’impurità, l’idolatria, le discordie, le invidie … (cfr Gal 5,19-21): con lo Spirito si possono vincere, Lui ci dà la forza per farlo, perché Lui entra nel nostro cuore “arido, rigido e gelido” (cfr Sequenza Veni Sancte Spiritus). Quelle pulsioni rovinano le nostre relazioni con gli altri e dividono le nostre comunità, e Lui entra nel cuore e guarisce tutto.

Ce lo mostra anche Gesù, quando, spinto dallo Spirito, si ritira per quaranta giorni nel deserto (cfr Mt 4,1-11) per essere tentato. E in quel tempo anche la sua umanità cresce, si rafforza e si prepara alla missione.

Contemporaneamente, l’agire del Paraclito in noi è anche gentile: è forte e gentile. Il vento e il fuoco non distruggono né inceneriscono quello che toccano: l’uno riempie la casa in cui si trovano i discepoli e l’altro si posa delicatamente, in forma di fiammelle, sul capo di ciascuno. E anche questa delicatezza è un tratto dell’agire di Dio che ritroviamo tante volte nella Bibbia.

Ed è bello vedere come la stessa mano robusta e callosa che prima ha dissodato le zolle delle passioni, poi delicatamente, messe a dimora le pianticelle della virtù, le “bagna”, le “cura” (cfr Sequenza) e le protegge con amore, perché crescano e si irrobustiscano, e noi possiamo gustare, dopo la fatica del combattimento contro il male, la dolcezza della misericordia e della comunione con Dio. Così è lo Spirito: forte, ci dà la forza per vincere, e anche delicato. Si parla dell’unzione dello Spirito, lo Spirito ci unge, è con noi. Come dice una bella preghiera della Chiesa antica: «La tua mitezza rimanga, o Signore, con me e così i frutti del tuo amore!» (Odi di Salomone, 14,6)

Lo Spirito Santo, disceso sui discepoli e fattosi vicino – cioè “paraclito” – agisce trasformando i loro cuori e infondendo in essi un’«audacia che li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima» (S. Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 24). Come testimonieranno poi Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio, quando si pretenderà di imporre loro di «non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù» (At 4,18); essi risponderanno: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (v. 20). E per rispondere questo hanno la forza dello Spirito Santo.

E questo è importante anche per noi, che abbiamo avuto in dono lo Spirito nel Battesimo e nella Confermazione. Dal “cenacolo” di questa Basilica, come gli Apostoli, siamo inviati, oggi specialmente, ad annunciare il Vangelo a tutti, andando «sempre oltre, non solo in senso geografico, ma anche al di là delle barriere etniche e religiose, per una missione veramente universale» (Redemptoris missio, 25). E grazie allo Spirito possiamo e dobbiamo farlo con la stessa forza e con la stessa gentilezza.

Con la stessa forza: cioè, non con prepotenza e imposizioni – il cristiano non è prepotente, la sua forza è un’altra, e la forza dello Spirito –,nemmeno coi calcoli e colle furbizie, ma con l’energia che viene dalla fedeltà alla verità, che lo Spirito insegna ai nostri cuori e fa crescere in noi. E così noi ci arrendiamo allo Spirito, non ci arrendiamo alla forza del mondo, ma continuiamo a parlare di pace a chi vuole la guerra, a parlare di perdono a chi semina vendetta, a parlare di accoglienza e solidarietà a chi sbarra le porte ed erige barriere, a parlare di vita a chi sceglie la morte, a parlare di rispetto a chi ama umiliare, insultare e scartare, a parlare di fedeltà a chi rifiuta ogni legame, confondendo la libertà con un individualismo superficiale, opaco e vuoto. Senza lasciarci intimorire dalle difficoltà, né dalle derisioni, né dalle opposizioni che, oggi come ieri, non mancano mai nella vita apostolica (cfr At 4,1-31).

E nello stesso tempo in cui agiamo con questa forza, il nostro annuncio vuol essere gentile, per accogliere tutti. Non dimentichiamo questo: tutti, tutti, tutti. Non dimentichiamo quella parabola degli invitati a festa che non sono voluti andare: “Andate agli incroci delle strade e portate tutti, tutti, tutti, buoni e cattivi, tutti” (cfr Mt 22,9-10). Lo Spirito ci dà la forza per andare avanti e chiamare tutti con gentilezza, ci dà la gentilezza di accogliere tutti.

Tutti noi, fratelli e sorelle, abbiamo tanto bisogno di speranza, che non è ottimismo, no, è un’altra cosa. Abbiamo bisogno di speranza. La speranza la si raffigura come un’ancora, lì, alla riva, e noi, aggrappati alla corda, verso la speranza. Abbiamo bisogno di speranza, abbiamo bisogno di alzare gli occhi su orizzonti di pace, di fratellanza, di giustizia e di solidarietà. È questa l’unica via della vita, non ce n’è un’altra. Certo, purtroppo, spesso non appare facile, anzi a tratti si presenta tortuosa e in salita. Ma noi sappiamo che non siamo soli: abbiamo questa sicurezza che con l’aiuto dello Spirito Santo, con i suoi doni, insieme possiamo percorrerla e renderla sempre più percorribile anche per gli altri.

Rinnoviamo, fratelli e sorelle, la nostra fede nella presenza, accanto a noi, del Consolatore, e continuiamo a pregare:

Vieni, Spirito Creatore, illumina le nostre menti,

riempi della tua grazia i nostri cuori, guida i nostri passi,

dona al nostro mondo la tua pace.

Amen.

error: Contenuto protetto!