Il Papa: Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà

Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà. E chi sono i primi testimoni di questo avvenimento? Sono alcuni pastori: uomini con poca cultura, maleodoranti a causa del contatto costante con gli animali, vivono ai margini della società. Eppure essi praticano il mestiere con cui Dio stesso si fa conoscere al suo popolo. Dio li sceglie come destinatari della più bella notizia mai risuonata nella storia: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.00 nell’Aula Paolo VI dove Papa Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa riprendendo il nuovo ciclo di catechesi che si svolgerà lungo l’intero Anno Giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza”, ha incentrato la sua meditazione sul tema «È nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). La nascita di Gesù e la visita dei pastori (Lettura: Lc 2,10-12)

Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi, ha rivolto un appello per la pace.

L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. I. L’infanzia di Gesù. 5. «È nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). La nascita di Gesù e la visita dei pastori

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel nostro percorso giubilare di catechesi su Gesù, che è la nostra speranza, oggi ci soffermiamo sull’avvenimento della sua nascita a Betlemme.

Il Figlio di Dio entra nella storia facendosi nostro compagno di viaggio e inizia a viaggiare quando è ancora nel grembo materno. L’evangelista Luca ci racconta che appena concepito andò da Nazaret fino alla casa di Zaccaria ed Elisabetta; e poi, a gravidanza ormai compiuta, da Nazaret a Betlemme per il censimento. Maria e Giuseppe sono costretti ad andare nella città del re Davide, dove era nato anche Giuseppe. Il Messia tanto atteso, il Figlio del Dio altissimo, si lascia censire, cioè contare e registrare, come un qualunque cittadino. Si sottomette al decreto di un imperatore, Cesare Augusto, che pensa di essere il padrone di tutta la terra.

Luca colloca la nascita di Gesù in «un tempo esattamente databile» e in «un ambiente geografico esattamente indicato», così che «l’universale e il concreto si toccano a vicenda» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, 2012, 77). Dio che viene nella storia non scardina le strutture del mondo, ma vuole illuminarle e ricrearle dal di dentro.

Betlemme significa «casa del pane». Lì si compiono per Maria i giorni del parto e lì nasce Gesù, pane disceso dal cielo per saziare la fame del mondo (cfr Gv 6,51). L’angelo Gabriele aveva annunciato la nascita del Re messianico nel segno della grandezza: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,32-33).

Tuttavia, Gesù nasce in un modo del tutto inedito per un re. Infatti, «mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6-7). Il Figlio di Dio non nasce in un palazzo reale, ma nel retro di una casa, nello spazio dove stanno gli animali.

Luca ci mostra così che Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà. E chi sono i primi testimoni di questo avvenimento? Sono alcuni pastori: uomini con poca cultura, maleodoranti a causa del contatto costante con gli animali, vivono ai margini della società. Eppure essi praticano il mestiere con cui Dio stesso si fa conoscere al suo popolo (cfr Gen 48,15; 49,24; Sal 23,1; 80,2; Is 40,11). Dio li sceglie come destinatari della più bella notizia mai risuonata nella storia: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,10-12).

Il luogo dove andare per incontrare il Messia è una mangiatoia. Accade infatti che, dopo tanta attesa, «per il Salvatore del mondo, per Colui in vista del quale tutte le cose sono state create (cfr Col 1,16), non c’è posto» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, 2012, 80). I pastori apprendono così che in un luogo umilissimo, riservato agli animali, nasce il Messia tanto atteso e nasce per loro, per essere il loro Salvatore, il loro Pastore. Una notizia che apre i loro cuori alla meraviglia, alla lode e all’annuncio gioioso. «A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione» (Lett. ap. Admirabile signum, 5).

Fratelli e sorelle, chiediamo anche noi la grazia di essere, come i pastori, capaci di stupore e di lode dinanzi a Dio, e capaci di custodire ciò che Lui ci ha affidato: i talenti, i carismi, la nostra vocazione e le persone che ci mette accanto. Chiediamo al Signore di saper scorgere nella debolezza la forza straordinaria del Dio Bambino, che viene per rinnovare il mondo e trasformare la nostra vita col suo disegno pieno di speranza per l’umanità intera.

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le parrocchie di Rapallo e di Ponza, la scuola militare Tulié di Milano e gli alunni della scuola Marcello Candia di Seregno.

Accolgo con affetto i pellegrini di Alba Iulia in Romania, accompagnati dal loro Arcivescovo.

E penso a tanti Paesi che sono in guerra. Sorelle, fratelli, preghiamo per la pace. Facciamo di tutto per la pace. Non dimenticatevi che la guerra è una sconfitta. Sempre. Noi non siamo nati per uccidere, ma per far crescere i popoli. Che si trovino cammini di pace. Per favore, nella vostra preghiera quotidiana, chiedete la pace. La martoriata Ucraina … quanto soffre. Poi, pensate alla Palestina, a Israele, al Myanmar, al Nord Kivu, Sud Sudan. Tanti Paesi in guerra. Per favore, preghiamo per la pace. Facciamo penitenza per la pace.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. Dopo domani celebreremo la festa dei Santi Cirillo e Metodio primi diffusori della fede tra i popoli Slavi. La loro testimonianza vi aiuti ad essere anche voi apostoli del Vangelo, fermento di rinnovamento nella vita, personale, familiare e sociale.

A tutti la mia benedizione!

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