Il Papa: nella fragilità scopriamo quanto Dio si prende cura di noi.
Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro. Un passaggio delle parole di Papa Francesco:” Nella vita riconoscersi piccoli è un punto di partenza per diventare grandi. Se ci pensiamo, cresciamo non tanto in base ai successi e alle cose che abbiamo, ma soprattutto nei momenti di lotta e di fragilità. Lì, nel bisogno, maturiamo; lì apriamo il cuore a Dio, agli altri, al senso della vita. Apriamo gli occhi agli altri. Apriamo gli occhi, quando siamo piccoli, al vero senso della vita. Quando ci sentiamo piccoli di fronte a un problema, piccoli di fronte a una croce, a una malattia, quando proviamo fatica e solitudine, non scoraggiamoci. Sta cadendo la maschera della superficialità e sta riemergendo la nostra radicale fragilità: è la nostra base comune, il nostro tesoro, perché con Dio le fragilità non sono ostacoli, ma opportunità. Una bella preghiera sarebbe questa: “Signore, guarda le mie fragilità…” ed elencarle davanti a Lui. Questo è un buon atteggiamento davanti a Dio. Infatti, proprio nella fragilità scopriamo quanto Dio si prende cura di noi”.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Nel Vangelo della Liturgia di oggi vediamo una reazione di Gesù piuttosto insolita: si indigna. E quello che più sorprende è che la sua indignazione non è causata dai farisei che lo mettono alla prova con domande sulla liceità del divorzio, ma dai suoi discepoli che, per proteggerlo dalla ressa della gente, rimproverano alcuni bambini che vengono portati da Gesù. In altre parole, il Signore non si sdegna con chi discute con Lui, ma con chi, per sollevarlo dalla fatica, allontana da Lui i bambini. Perché? È una bella domanda: perché il Signore fa questo? Ci ricordiamo – era il Vangelo di due domeniche fa – che Gesù, compiendo il gesto di abbracciare un bambino, si era identificato con i piccoli: aveva insegnato che proprio i piccoli, cioè coloro che dipendono dagli altri, che hanno bisogno e non possono restituire, vanno serviti per primi (cfr Mc 9,35-37). Chi cerca Dio lo trova lì, nei piccoli, nei bisognosi: bisognosi non solo di beni, ma di cura e di conforto, come i malati, gli umiliati, i prigionieri, gli immigrati, i carcerati. Lì c’è Lui: nei piccoli. Ecco perché Gesù si indigna: ogni affronto fatto a un piccolo, a un povero, a un bambino, a un indifeso, è fatto a Lui.Oggi il Signore riprende questo insegnamento e lo completa. Infatti aggiunge: «Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). Ecco la novità: il discepolo non deve solo servire i piccoli, ma riconoscersi lui stesso piccolo. E ognuno di noi, si riconosce piccolo davanti a Dio? Pensiamoci, ci aiuterà. Sapersi piccoli, sapersi bisognosi di salvezza, è indispensabile per accogliere il Signore. È il primo passo per aprirci a Lui. Spesso, però, ce ne dimentichiamo. Nella prosperità, nel benessere, abbiamo l’illusione di essere autosufficienti, di bastare a noi stessi, di non aver bisogno di Dio. Fratelli e sorelle, questo è un inganno, perché ognuno di noi è un essere bisognoso, un piccolo. Dobbiamo cercare la nostra propria piccolezza e riconoscerla. E lì troveremo Gesù. Nella vita riconoscersi piccoli è un punto di partenza per diventare grandi. Se ci pensiamo, cresciamo non tanto in base ai successi e alle cose che abbiamo, ma soprattutto nei momenti di lotta e di fragilità. Lì, nel bisogno, maturiamo; lì apriamo il cuore a Dio, agli altri, al senso della vita. Apriamo gli occhi agli altri. Apriamo gli occhi, quando siamo piccoli, al vero senso della vita. Quando ci sentiamo piccoli di fronte a un problema, piccoli di fronte a una croce, a una malattia, quando proviamo fatica e solitudine, non scoraggiamoci. Sta cadendo la maschera della superficialità e sta riemergendo la nostra radicale fragilità: è la nostra base comune, il nostro tesoro, perché con Dio le fragilità non sono ostacoli, ma opportunità. Una bella preghiera sarebbe questa: “Signore, guarda le mie fragilità…” ed elencarle davanti a Lui. Questo è un buon atteggiamento davanti a Dio.Infatti, proprio nella fragilità scopriamo quanto Dio si prende cura di noi. Il Vangelo oggi dice che Gesù è tenerissimo con i piccoli: «prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (v. 16). Le contrarietà, le situazioni che rivelano la nostra fragilità sono occasioni privilegiate per fare esperienza del suo amore. Lo sa bene chi prega con perseveranza: nei momenti bui o di solitudine, la tenerezza di Dio verso di noi si fa – per così dire – ancora più presente. Quando noi siamo piccoli, la tenerezza di Dio la sentiamo di più. Questa tenerezza ci dà pace, questa tenerezza ci fa crescere, perché Dio si avvicina col suo modo, che è vicinanza, compassione e tenerezza. E quando noi ci sentiamo poca cosa, cioè piccoli, per qualsiasi motivo, il Signore si avvicina di più, lo sentiamo più vicino. Ci dà pace, ci fa crescere. Nella preghiera il Signore ci stringe a sé, come un papà col suo bambino. Così diventiamo grandi: non nell’illusoria pretesa della nostra autosufficienza – questo non fa grande nessuno – ma nella fortezza di riporre nel Padre ogni speranza. Proprio come fanno i piccoli, fanno così.Chiediamo oggi alla Vergine Maria una grazia grande, quella della piccolezza: essere bambini che si fidano del Padre, certi che Lui non manca di prendersi cura di noi.
Dopo l’Angelus
Cari fratelli e sorelle,mi ha molto addolorato quanto è avvenuto nei giorni scorsi nel carcere di Guayaquil, in Ecuador. Una terribile esplosione di violenza tra detenuti appartenenti a bande rivali ha provocato più di cento morti e numerosi feriti. Prego per loro e per le loro famiglie. Dio ci aiuti a sanare le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri. E aiuti quanti lavorano ogni giorno per rendere più umana la vita nelle carceri.Desidero nuovamente implorare da Dio il dono della pace per l’amata terra del Myanmar: perché le mani di quanti la abitano non debbano più asciugare lacrime di dolore e di morte, ma possano stringersi per superare le difficoltà e lavorare insieme per l’avvento della pace.Oggi, a Catanzaro, vengono beatificate Maria Antonia Samà e Gaetana Tolomeo, due donne costrette all’immobilità fisica per tutta la loro esistenza. Sostenute dalla grazia divina, abbracciarono la croce della loro infermità, trasformando il dolore in una lode al Signore. Il loro letto divenne punto di riferimento spirituale e luogo di preghiera e di crescita cristiana per tanta gente che vi trovava conforto e speranza. Un applauso alle nuove Beate!In questa prima domenica di ottobre, il pensiero va ai fedeli radunati presso il Santuario di Pompei per la recita della Supplica alla Vergine Maria. In questo mese rinnoviamo insieme l’impegno a pregare il santo Rosario.Rivolgo il mio saluto a voi, cari romani e pellegrini! In particolare, i fedeli di Wépion, diocesi di Namur, in Belgio; i giovani di Uzzano, in diocesi di Pescia; e i ragazzi con disabilità venuti da Modena, accompagnati dalle Piccole Sorelle di Gesù Lavoratore e dai volontari. A questo proposito, oggi in Italia ricorre la Giornata per l’abbattimento delle barriere architettoniche: ognuno può dare una mano per una società dove nessuno si senta escluso. Grazie per il vostro lavoro.A tutti auguro una buona domenica. Anche ai ragazzi dell’Immacolata! E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!