Il Papa: Per essere maestri autorevoli bisogna prima essere testimoni credibili
Tutti noi sperimentiamo, per la nostra fragilità, una certa distanza tra il dire e il fare; ma un’altra cosa, invece, è avere il cuore doppio, vivere con “un piede in due scarpe” senza farcene un problema. Specialmente quando siamo chiamati – nella vita, nella società o nella Chiesa – a rivestire un ruolo di responsabilità, ricordiamoci questo: no alla doppiezza! Per un prete, un operatore pastorale, un politico, un insegnante o un genitore, vale sempre questa regola: ciò che dici, ciò che predichi agli altri, impegnati tu a viverlo per primo. Per essere maestri autorevoli bisogna prima essere testimoni credibili.
Alle ore 12 di oggi, Papa Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! dal Vangelo della Liturgia odierna ascoltiamo alcune parole di Gesù che riguardano gli scribi e i farisei, cioè le guide religiose del popolo. Nei confronti di queste autorità, Gesù usa parole molto severe, «perché essi dicono e non fanno» (Mt 23,3) e «tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente» (v. 5). Questo è quello che dice Gesù: dicono e non fanno e tutto ciò che fanno lo fanno per apparire.
Soffermiamoci allora su questi due aspetti: la distanza tra il dire e il fare e il primato dell’esteriore sull’interiore.
La distanza tra il dire e il fare. A questi maestri di Israele, che pretendono di insegnare agli altri la Parola di Dio e di essere rispettati in quanto autorità del Tempio, Gesù contesta la doppiezza della loro vita: predicano una cosa, ma poi ne vivono un’altra. Queste parole di Gesù richiamano quelle dei profeti, in particolare di Isaia: «Questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me» (Is 29,13). Questo è il pericolo su cui vigilare: la doppiezza del cuore. Anche noi abbiamo questo pericolo: questa doppiezza del cuore che mette a rischio l’autenticità della nostra testimonianza e anche la nostra credibilità come persone e come cristiani.
Tutti noi sperimentiamo, per la nostra fragilità, una certa distanza tra il dire e il fare; ma un’altra cosa, invece, è avere il cuore doppio, vivere con “un piede in due scarpe” senza farcene un problema. Specialmente quando siamo chiamati – nella vita, nella società o nella Chiesa – a rivestire un ruolo di responsabilità, ricordiamoci questo: no alla doppiezza! Per un prete, un operatore pastorale, un politico, un insegnante o un genitore, vale sempre questa regola: ciò che dici, ciò che predichi agli altri, impegnati tu a viverlo per primo. Per essere maestri autorevoli bisogna prima essere testimoni credibili.
Il secondo aspetto viene di conseguenza: il primato dell’esteriore sull’interiore. Infatti, vivendo nella doppiezza, gli scribi e i farisei sono preoccupati di dover nascondere la loro incoerenza per salvare la loro reputazione esteriore. Infatti, se la gente sapesse cosa c’è davvero nel loro cuore, essi sarebbero svergognati, perdendo tutta la loro credibilità. E allora compiono opere per apparire giusti, per “salvare la faccia”, come si dice. Il trucco è molto comune: truccano la faccia, truccano la vita, truccano il cuore. Questa gente “truccata” non sa vivere la verità. E tante volte anche noi abbiamo questa tentazione della doppiezza.
Fratelli e sorelle, accogliendo questo monito di Gesù chiediamoci anche noi: cerchiamo di praticare quello che predichiamo, oppure viviamo nella doppiezza? Diciamo una cosa e ne facciamo un’altra? Siamo preoccupati solo di mostrarci impeccabili all’esterno, truccati, oppure ci prendiamo cura della nostra vita interiore nella sincerità del cuore?
Rivolgiamoci alla Vergine Santa: Lei che ha vissuto con integrità e umiltà del cuore secondo la volontà di Dio, ci aiuti a diventare testimoni credibili del Vangelo.
Dopo l’Angelus
Cari fratelli e sorelle! Continuo a pensare alla grave situazione in Palestina e in Israele, dove tantissime persone hanno perso la vita. Vi prego di fermarvi, in nome di Dio: cessate il fuoco! Auspico che si percorrano tutte le vie perché si eviti assolutamente un allargamento del conflitto, si possano soccorrere i feriti e gli aiuti arrivino alla popolazione di Gaza, dove la situazione umanitaria è gravissima. Si liberino subito gli ostaggi. Tra di loro ci sono anche tanti bambini, che tornino alle loro famiglie! Sì, pensiamo ai bambini, a tutti i bambini coinvolti in questa guerra, come anche in Ucraina e in altri conflitti: così si sta uccidendo il loro futuro. Preghiamo perché si abbia la forza di dire “basta”.
Sono vicino alle popolazioni del Nepal che soffrono a causa di un terremoto; come pure ai profughi afgani che hanno trovato rifugio in Pakistan ma ora non sanno più dove andare. E prego anche per le vittime delle tempeste e delle alluvioni, in Italia e in altri Paesi.
Saluto con affetto tutti voi, romani e pellegrini di vari Paesi. In particolare saluto i fedeli di Vienna e di Valencia, il gruppo parrocchiale di Cagliari, la Banda e il Coro di Longomoso, in Alto Adige. Saluto i giovani di Rodengo Saiano, Ome e Padergnone; i catechisti di Cassina de’ Pecchi e quelli della parrocchia San Giovanni Bosco in Trieste; e saluto il Comitato “Fermare la guerra”.
A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!