Il Papa prega per gli artisti: ci indicano la bellezza e, senza il bello il Vangelo non si può capire.
Papa Francesco ha celebrato e presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel giovedì della quarta settimana di Pasqua. Nell’introduzione, ha pregato così: -Ieri ho ricevuto una lettera di un gruppo di artisti: ringraziavano per la preghiera che noi abbiamo fatto per loro. Vorrei chiedere al Signore che li benedica perché gli artisti ci fanno capire cosa è la bellezza, e senza il bello il Vangelo non si può capire. Preghiamo un’altra volta per gli artisti. Il Papa ha poi letto l’Antifona del giorno-Quando avanzavi, o Dio, davanti al tuo popolo, e ad essi aprivi la via e abitavi con loro, la terra tremò e stillarono i cieli. Alleluia. (Cfr. Sal 67,8-9.20) Nell’omelia il Papa ha commentato il passo degli Atti degli Apostoli (At 13, 13-25).
Di seguito la trascrizione del testo dell’Omelia:
Quando Paolo è invitato a parlare alla sinagoga di Antiochia in Pisidia per spiegare questa nuova dottrina, cioè per spiegare Gesù, proclamare Gesù, Paolo comincia parlando della storia della salvezza. Si alzò Paolo e incominciò: «Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante il suo esilio in terra d’Egitto» e [raccontò] tutta la salvezza, la storia della salvezza. Lo stesso fece Stefano prima del martirio e anche Paolo, un’altra volta. Lo stesso fa l’autore della Lettera agli Ebrei, quando racconta la storia di Abramo e di “tutti i nostri padri”. Lo stesso abbiamo cantato oggi, noi: “Canterò in eterno l’amore del Signore, farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà”. Abbiamo cantato la storia di Davide: «Ho trovato Davide, mio servo». Lo stesso fanno Matteo e Luca: quando incominciano a parlare di Gesù, prendono la genealogia di Gesù. Cosa c’è dietro Gesù? C’è una storia. Una storia di grazia, una storia di elezione, una storia di promessa. Il Signore ha scelto Abramo ed è andato con il suo popolo. All’inizio della Messa, nel canto d’inizio, abbiamo detto: “Quando avanzavi, Signore, davanti al tuo popolo e aprivi il cammino e camminavi accanto al tuo popolo, vicino al tuo popolo”. C’è una storia di Dio con il suo popolo. E per questo quando a Paolo viene chiesto di spiegare il perché della fede in Gesù Cristo, non incomincia da Gesù Cristo: incomincia dalla storia. Il cristianesimo è una dottrina, sì, ma non solo. Non sono solo le cose che noi crediamo, è una storia che porta questa dottrina che è la promessa di Dio, l’alleanza di Dio, essere eletti da Dio. Il cristianesimo non è solo un’etica. Sì, è vero, ha dei princìpi morali, ma non si è cristiani soltanto con una visione di etica. È di più. Il cristianesimo non è un’élite di gente scelta per la verità. Questo senso elitario che poi va avanti nella Chiesa, no? Per esempio, io sono di quella istituzione, io appartengo a questo movimento che è meglio del tuo, a questo, a quell’altro. È un senso elitario. No, il cristianesimo non è questo: il cristianesimo è appartenenza a un popolo, a un popolo scelto da Dio gratuitamente. Se noi non abbiamo questa coscienza di appartenenza a un popolo, saremo cristiani ideologici, con una dottrina piccolina di affermazione di verità, con un’etica, con una morale, sta bene ,o con un’élite. Ci sentiamo parte di un gruppo scelto da Dio – i cristiani – e gli altri andranno all’inferno o se si salvano è per la misericordia di Dio, ma sono gli scartati. E così via. Se noi non abbiamo una coscienza di appartenenza a un popolo, noi non siamo dei veri cristiani. Per questo Paolo spiega Gesù dall’inizio, dall’appartenenza a un popolo. E tante volte, tante volte, noi cadiamo in queste parzialità, siano dogmatiche, morali o elitarie, no? Il senso dell’élite è quello che ci fa tanto male e perdiamo quel senso di appartenenza al santo popolo fedele di Dio, che Dio ha eletto in Abramo e ha promesso, la grande promessa, Gesù, e lo ha fatto andare con speranza e ha fatto alleanza con lui. Coscienza di popolo. A me colpisce sempre quel passo del Deuteronomio, credo sia il capitolo 26°, quando dice: “Una volta all’anno quando tu andrai a presentare le offerte al Signore, le primizie, e quando tuo figlio ti domanderà: ‘Ma papà perché fai questo?’, non devi dirgli: ‘Perché Dio l’ha comandato’, no: ‘Noi eravamo un popolo, noi eravamo così e il Signore ci ha liberato…’” (cfr Dt 26,1-11). Raccontare la storia, come ha fatto Paolo qui. Trasmettere la storia della nostra salvezza. Il Signore nello stesso Deuteronomio consiglia: “Quando tu arriverai alla terra che tu non hai conquistato, che ho conquistato io, e mangerai dei frutti che tu non hai piantato e abiterai le case che tu non hai edificato, nel momento di dare l’offerta”, recita – il famoso credo deuteronomico -: “Mio padre era un arameo errante, scese in Egitto”. Stette lì per 400 anni, poi il Signore lo liberò, lo portò avanti”. Canta la storia, la memoria di popolo, di essere popolo. E in questa storia del popolo di Dio, fino ad arrivare a Gesù Cristo, ci sono stati santi, peccatori e tanta gente comune, buona, con le virtù e i peccati, ma tutti. La famosa folla che seguiva Gesù, che aveva il fiuto di appartenenza a un popolo. Un sedicente cristiano che non abbia questo fiuto non è un vero cristiano; è un po’ particolare e un po’ si sente giustificato senza il popolo. Appartenenza a un popolo, avere memoria del popolo di Dio. E questo lo insegnano Paolo, Stefano, un’altra volta Paolo, gli apostoli… E il consiglio dell’autore della Lettera agli Ebrei: “Ricordate i vostri antenati”, cioè coloro che ci hanno preceduto in questo cammino di salvezza. Se qualcuno mi domandasse: “Qual è per lei la deviazione dei cristiani oggi e sempre? Quale sarebbe per lei la deviazione più pericolosa dei cristiani?”, io direi senza dubitare: la mancanza di memoria di appartenenza a un popolo. Quando manca questo vengono i dogmatismi, i moralismi, gli “eticismi”, i movimenti elitari. Manca il popolo. Un popolo peccatore, sempre, tutti lo siamo, ma che non sbaglia in genere, che ha il fiuto di essere popolo eletto, che cammina dietro una promessa e che ha fatto un’alleanza che lui forse non compie, ma sa. Chiedere al Signore questa coscienza di popolo, che la Madonna bellamente ha cantato nel suo Magnificat , che Zaccaria ha cantato così bellamente nel suo Benedictus , cantici che preghiamo tutti i giorni, al mattino e alla sera. Coscienza di popolo: noi siamo il santo popolo fedele di Dio che, come dice il Concilio Vaticano I, poi il II, nella sua totalità ha il fiuto della fede ed è infallibile in questo modo di credere.
Il Papa ha invitato a fare la Comunione spirituale con questa preghiera: Ai tuoi piedi, o mio Gesù, mi prostro e Ti offro il pentimento del mio cuore contrito che si abissa nel suo nulla e nella Tua Santa Presenza. Ti adoro nel sacramento del tuo amore, l’ineffabile Eucaristia. Desidero riceverTi nella povera dimora che Ti offre il mio cuore; in attesa della felicità della comunione sacramentale voglio possederTi in spirito. Vieni a me, o mio Gesù, che io vengo da Te. Possa il tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in Te, spero in Te, Ti amo.
Papa Francesco ha terminato la celebrazione con l’Adorazione e la Benedizione eucaristica. Prima di lasciare la Cappella di Casa Santa Marta dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina Caeli”, che si canta nel tempo pasquale.