Il Papa: si può guardare una persona dall’alto in basso solo per aiutarla a risollevarsi
I doni di Dio non sono solo nella celebrazione sono anche nella vita. Ad esempio non sprecando le cose e i talenti che il Signore ci ha dato. Ma anche perdonando e risollevando chi sbaglia e cade per debolezza o per errore: perché tutto è dono e nulla può andare perduto, perchè nessuno può rimanere a terra, e tutti devono avere la possibilità di rialzarsi e di riprendere il cammino. E noi possiamo fare questo anche nella vita quotidiana, svolgendo il nostro lavoro con amore, con precisione, con cura, con precisione, come un dono e una missione. E sempre aiutare chi è caduto: una volta soltanto nella vita si può guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a risollevarsi. E questa è la nostra missione. Per rendere grazie certamente potremmo aggiungere tante altre cose. Sono atteggiamenti “eucaristici” importanti, perché ci insegnano a cogliere il valore di ciò che facciamo, e di ciò che offriamo. Primo, rendere grazie. Secondo: “benedire il pane” vuol dire fare memoria. Di cosa? Per l’antico Israele si trattava di ricordare la liberazione dalla schiavitù d’Egitto e l’inizio dell’esodo verso la terra promessa. Per noi è rivivere la Pasqua di Cristo, la sua Passione e Risurrezione, con cui ci ha liberato dal peccato e dalla morte.
Nel pomeriggio del 2 giugno, nella Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il Santo Padre Francesco ha lasciato in auto il Vaticano per recarsi a San Giovanni in Laterano, dove ha presieduto i riti del Corpus Domini, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, secondo il calendario liturgico.
Alle 17.00, il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
Di seguito si è svolta la Processione Eucaristica che, percorrendo via Merulana, ha raggiunto la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove il Papa ha impartito la Benedizione Solenne con il Santissimo Sacramento.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha rivolto ai fedeli nel corso della Celebrazione Eucaristica:
Omelia del Santo Padre
Prese il pane e recitò la benedizione» (Mc 14,22). È il gesto con cui si apre il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia nel Vangelo di San Marco. E noi potremmo partire da questo gesto di Gesù – benedire il pane – per riflettere sulle tre dimensioni del Mistero che stiamo celebrando: il ringraziamento, la memoria e la presenza.
Primo: il ringraziamento. La parola “Eucaristia” vuole proprio dire “grazie”: “ringraziare” Dio per i suoi doni, e in questo senso il segno del pane è importante. È l’alimento di ogni giorno, con cui portiamo all’Altare tutto ciò che siamo e che abbiamo: vita, opere, successi, e anche fallimenti, come simboleggia la bella usanza di alcune culture di raccogliere e baciare il pane quando cade a terra: per ricordarsi che è troppo prezioso per essere buttato, anche dopo che è caduto. L’Eucaristia, allora, ci insegna a benedire, ad accogliere e baciare, sempre, in rendimento di grazie, i doni di Dio, e questo non solo nella celebrazione: anche nella vita.
Ad esempio non sprecando le cose e i talenti che il Signore ci ha dato. Ma anche perdonando e risollevando chi sbaglia e cade per debolezza o per errore: perché tutto è dono e nulla può andare perduto, perchè nessuno può rimanere a terra, e tutti devono avere la possibilità di rialzarsi e di riprendere il cammino. E noi possiamo fare questo anche nella vita quotidiana, svolgendo il nostro lavoro con amore, con precisione, con cura, con precisione, come un dono e una missione. E sempre aiutare chi è caduto: una volta soltanto nella vita si può guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a risollevarsi. E questa è la nostra missione. Per rendere grazie certamente potremmo aggiungere tante altre cose. Sono atteggiamenti “eucaristici” importanti, perché ci insegnano a cogliere il valore di ciò che facciamo, e di ciò che offriamo. Primo, rendere grazie. Secondo: “benedire il pane” vuol dire fare memoria. Di cosa? Per l’antico Israele si trattava di ricordare la liberazione dalla schiavitù d’Egitto e l’inizio dell’esodo verso la terra promessa. Per noi è rivivere la Pasqua di Cristo, la sua Passione e Risurrezione, con cui ci ha liberato dal peccato e dalla morte. Fare memoria della nostra vita, fare memoria dei nostri successi, fare memoria dei nostri sbagli, fare memoria di quella mano tesa del Signore che sempre ci aiuta a sollevarci, fare memoria della presenza del Signore nella nostra vita.
C’è chi dice che è libero chi pensa solo a sé stesso, chi si gode la vita e chi, con menefreghismo e magari con prepotenza, fa tutto quello che vuole a dispetto degli altri. Questa non è libertà: questa è una schiavitù nascosta, una schiavitù che ci rende più schiavi ancora. La libertà non si incontra nelle casseforti di chi accumula per sé, né sui divani di chi pigramente si adagia nel disimpegno e nell’individualismo: la libertà si incontra nel cenacolo dove, senza alcun altro motivo che l’amore, ci si china davanti ai fratelli per offrire loro il proprio servizio, la propria vita, come “salvati”.
Infine, il pane Eucaristico è presenza reale. E con questo ci parla di un Dio che non è lontano, che non è geloso, ma vicino e solidale con l’uomo; che non ci abbandona, ma ci cerca, ci aspetta e ci accompagna, sempre, al punto da mettersi, indifeso, nelle nostre mani.
E questa sua presenza invita anche noi a farci prossimi ai fratelli là dove l’amore ci chiama.
Cari fratelli e sorelle, quanto bisogno c’è nel nostro mondo di questo pane, della sua fragranza e del suo profumo, una fragranza che sa di gratitudine, che sa di libertà, sa di prossimità! Vediamo ogni giorno troppe strade, forse una volta odorose di pane sfornato, ridursi a cumuli di macerie a causa della guerra, dell’egoismo e dell’indifferenza! È urgente riportare nel mondo l’aroma buono e fresco del pane dell’amore, per continuare a sperare e ricostruire senza mai stancarsi quello che l’odio distrugge.
È questo anche il significato del gesto che faremo tra poco, con la Processione Eucaristica: partendo dall’Altare, porteremo tra le case della nostra città il Signore. Non lo facciamo per metterci in mostra, e neanche per ostentare la nostra fede, ma per invitare tutti a partecipare, nel Pane dell’Eucaristia, alla vita nuova che Gesù ci ha donato. Facciamo la processione con questo spirito. Grazie.