Papa Francesco alla Celebrazione dei Secondi Vespri nella Solennità della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore.
Ieri pomeriggio, alle ore 17.30, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alla presenza di Papa Francesco, ha avuto luogo la Celebrazione dei Secondi Vespri nella Solennità della Dedicazione della Basilica.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione:
Omelia del Santo Padre
Ci sono due segni che caratterizzano questa celebrazione: il primo è la tradizionale “nevicata”, che avverrà tra poco, durante il Magnificat; il secondo è l’icona della Salus populi romani. Questi due segni, ben interpretati, ci possono aiutare a cogliere il messaggio della Parola di Dio che abbiamo pregato nei salmi e ascoltato nella Lettura.
La “nevicata”. È solo folclore o ha un valore simbolico? Dipende da noi, da come la percepiamo e dal senso che le diamo. Tutti sappiamo che essa rievoca il fenomeno prodigioso che indicò a Papa Liberio il luogo dove costruire la primitiva basilica. Il fatto però che questo segno venga ripetuto nella ricorrenza della solennità odierna, all’interno della Basilica e durante la liturgia, invita a leggerlo piuttosto in chiave simbolica.
E allora suggerisco di lasciarsi guidare da due versetti del libro del Siracide che, a proposito della neve che Dio fa cadere dal cielo, dice così: «L’occhio ammira la bellezza del suo candore / e il cuore stupisce nel vederla fioccare» (Sir 43,18). Qui il sapiente evidenzia il duplice sentimento che il fenomeno naturale suscita nell’animo umano: ammirazione e stupore. Vedendo scendere la neve, “l’occhio ammira” e “il cuore stupisce”. E questo ci orienta nell’interpretazione del segno della nevicata: essa può essere intesa come simbolo della grazia, cioè di una realtà che unisce la bellezza e la gratuità. È qualcosa che non si può meritare, né tanto meno comprare, si può solo ricevere in dono, e come tale è anche del tutto imprevedibile, proprio come una nevicata a Roma in piena estate. La grazia suscita ammirazione e stupore. Non dimentichiamo queste due parole: capacità di ammirare e capacità di stupirsi. E queste due capacità non dobbiamo perderle, perché entrano nell’esperienza della nostra fede.
E con questo atteggiamento interiore, il nostro sguardo può ora rivolgersi al secondo segno, molto più importante: l’antica Icona mariana che è, per così dire, la gemma di questa Basilica. In essa la grazia acquista pienamente la sua forma cristiana nell’immagine della Vergine Madre col Bambino. La Santa Madre di Dio. Qui la grazia appare nella sua concretezza, spogliata di ogni rivestimento mitologico, o magico, o spiritualistico, sempre in agguato nella religione. Nell’Icona c’è solo l’essenziale: Donna e Figlio, come nel testo di San Paolo che abbiamo ascoltato poco fa: «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4). La Donna è la piena di grazia, concepita senza peccato, immacolata come la neve appena caduta. Dio l’ha guardata con ammirazione e stupore – anche Dio si stupisce … –, e l’ha scelta come Madre perché è figlia del suo Figlio: generata in Lui prima dei tempi è diventata Madre sua nella pienezza del tempo. Il Bambino regge il Libro Santo col braccio sinistro e col destro benedice; e la prima benedetta è lei, la Madre, la Benedetta fra tutte le donne. Il suo manto scuro lascia risaltare la veste dorata del Figlio: in Lui solo abita tutta la pienezza della divinità; lei, a viso scoperto, riflette la sua gloria. Prendiamoci un po’ di tempo per andare a guardare la Madonna. Guardiamola in silenzio, vedendo tutte queste cose, guardando questa icona che ci santifica tanto, a tutti noi. Prendiamoci un po’ di tempo per andare, dopo, a guardarla.
Per questo il popolo fedele viene a chiedere la benedizione alla Santa Madre di Dio, perché lei è la mediatrice della grazia che sgorga sempre e solo da Gesù Cristo, per opera dello Spirito Santo. Specialmente nel corso del prossimo anno, Anno Santo del Giubileo, moltissimi saranno i pellegrini che verranno in questa Basilica a chiedere la benedizione alla Madre. Oggi, noi siamo qui radunati come una specie di avanguardia, e invochiamo la sua intercessione per la città di Roma, la nostra città, e per il mondo intero, specialmente per la pace: la pace che è vera e duratura solo se parte da cuori pentiti e da cuori perdonati; il perdono fa la pace, perché è l’atteggiamento tanto nobile del Signore, perdonare; la pace che viene dalla Croce di Cristo, dal suo Sangue, che Egli prese da Maria ed effuse in remissione dei peccati.
Vorrei concludere rivolgendomi alla Vergine Santa con le parole di San Cirillo di Alessandria al termine del Concilio di Efeso: «Ti saluto, o Maria, Madre di Dio, tu che hai portato la luce, tu purissima. Ti saluto, Vergine Maria, Madre e serva. Vergine, per mezzo di Colui che è nato da te; Madre, per Colui che hai tenuto tra le tue braccia. […] Ti saluto, Maria tesoro della terra; lampada che non si spegne; da te è nato il sole di giustizia» (Omelia 11: PG 77). Santa Madre di Dio, prega per noi.
E adesso vi invito, tutti insieme – vediamo se siete capaci di farlo – tutti insieme, a ripetere tre volte: “Ti saluto, Santa Madre di Dio”. Tutti insieme: [tutti] “Ti saluto, Santa Madre di Dio”. [tutti] “Ti saluto, Santa Madre di Dio”. Un’altra volta, più forte: [tutti] “Ti saluto, Santa Madre di Dio”.