Santa Messa in occasione del Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura
Alle ore 10.00 di questa mattina, VI Domenica del Tempo Ordinario, in occasione del Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura, l’Em.mo Card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha presieduto la Santa Messa nella Basilica Vaticana.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia preparata dal Santo Padre, letta dal Cardinale Tolentino de Mendonça:
Alle ore 10.00 di questa mattina, VI Domenica del Tempo Ordinario, in occasione del Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura, l’Em.mo Card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha presieduto la Santa Messa nella Basilica Vaticana.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia preparata dal Santo Padre, letta dal Cardinale Tolentino de Mendonça:
Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, Gesù proclama le Beatitudini davanti ai suoi discepoli e a una moltitudine di gente. Le abbiamo ascoltate tante volte eppure non cessano di stupirci: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete» (Lc 6,20-21). Queste parole ribaltano la logica del mondo e ci invitano a guardare la realtà con occhi nuovi, con lo sguardo di Dio, che vede oltre le apparenze e riconosce la bellezza, persino nella fragilità e nella sofferenza.
La seconda parte contiene parole dure e ammonitrici: «Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete» (Lc 6,24-25). Il contrasto tra “beati voi” e “guai a voi” ci richiama all’importanza di discernere dove riponiamo la nostra sicurezza.
Voi, artisti e persone di cultura, siete chiamati a essere testimoni della visione rivoluzionaria delle Beatitudini. La vostra missione è non solo di creare bellezza, ma di rivelare la verità, la bontà e la bellezza nascoste nelle pieghe della storia, di dare voce a chi non ha voce, di trasformare il dolore in speranza.
Viviamo un tempo di crisi complessa, che è economica e sociale e, prima di tutto, è crisi dell’anima, crisi di significato. Ci poniamo la questione del tempo e quella della rotta. Siamo pellegrini o erranti? Camminiamo con una meta o siamo dispersi nel vagare? L’artista è colui o colei che ha il compito di aiutare l’umanità a non perdere la direzione, a non smarrire l’orizzonte della speranza.
Ma attenzione: non una speranza facile, superficiale, disincarnata. No! La vera speranza si intreccia con il dramma dell’esistenza umana. Non è un rifugio comodo, ma un fuoco che brucia e illumina, come la Parola di Dio. Per questo l’arte autentica è sempre un incontro con il mistero, con la bellezza che ci supera, con il dolore che ci interroga, con la verità che ci chiama. Altrimenti, «guai»! Il Signore è severo nel suo appello.
Come scrive il poeta Gerard Manley Hopkins, «il mondo è carico della grandezza di Dio. / Essa brillerà come il bagliore della lamina scossa». Questa è la missione dell’artista: scoprire e rivelare quella grandezza nascosta, farla percepire ai nostri occhi e ai nostri cuori. Il medesimo poeta sentiva anche nel mondo un’«eco di piombo» e un’«eco d’oro». L’artista è sensibile a queste risonanze e, con la sua opera, compie un discernimento e aiuta gli altri a discernere tra i differenti echi delle vicende di questo mondo. E gli uomini e le donne di cultura sono chiamati a valutare questi echi, a spiegarceli e a illuminare la strada su cui ci conducono: se sono canti di sirene che seducono oppure richiami della nostra umanità più vera. Vi è chiesta una sapienza per distinguere ciò che è come «pula che il vento disperde» da ciò che è solido «come albero piantato lungo corsi d’acqua» ed è capace di dare frutto (cfr Sal 1,3-4).
Cari artisti, vedo in voi dei custodi della bellezza che sa chinarsi sulle ferite del mondo, che sa ascoltare il grido dei poveri, dei sofferenti, dei feriti, dei carcerati, dei perseguitati, dei rifugiati. Vedo in voi dei custodi delle Beatitudini! Viviamo in un’epoca in cui nuovi muri si alzano, in cui le differenze diventano pretesto per la divisione anziché occasione di arricchimento reciproco. Ma voi, uomini e donne di cultura, siete chiamati a costruire ponti, a creare spazi di incontro e dialogo, a illuminare le menti e a scaldare i cuori.
Qualcuno potrebbe dire: “Ma a che serve l’arte in un mondo ferito? Non ci sono forse cose più urgenti, più concrete, più necessarie?”. L’arte non è un lusso, ma una necessità dello spirito. Non è fuga, ma responsabilità, invito all’azione, richiamo, grido. Educare alla bellezza significa educare alla speranza. E la speranza non è mai scissa dal dramma dell’esistenza: attraversa la lotta quotidiana, le fatiche del vivere, le sfide di questo nostro tempo.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato oggi, Gesù proclama beati i poveri, gli afflitti, i miti, i perseguitati. È una logica capovolta, una rivoluzione della prospettiva. L’arte è chiamata a partecipare a questa rivoluzione. Il mondo ha bisogno di artisti profetici, di intellettuali coraggiosi, di creatori di cultura.
Lasciatevi guidare dal Vangelo delle Beatitudini, e la vostra arte sia annuncio di un mondo nuovo. La vostra poesia ce lo faccia vedere! Non smettete mai di cercare, di interrogare, di rischiare. Perché la vera arte non è mai comoda, offre la pace dell’inquietudine. E ricordate: la speranza non è un’illusione; la bellezza non è un’utopia; il vostro dono non è un caso, è una chiamata. Rispondete con generosità, con passione, con amore.